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Aziende senz'anima

All'inizio, appena laureata, volevo lavorare nelle Risorse Umane.
Volevo entrare nelle aziende e mettermi alla prova in un vero lavoro, ma volevo dedicarmi alla gestione delle persone, che per me sono davvero la risorsa più importante di un'azienda. 
Volevo che lavorassero bene, perchè sono certa che un lavoratore felice, è un lavoratore che produce e che è fedele. Adesso l'ho toccato con mano, lo so di sicuro.
Non era per me rinchiudermi nel mondo accademico a insegnare e scrivere e riflettere sui massimi sistemi,  senza prima aver gettato uno sguardo là fuori, nella giungla.
Senza prima essermi 'sporcata' nel mondo reale. Capite?

La giungla, piena di bestie feroci, l'oceano, pieno di squali assetati. 
Lo immaginavo questo mondo aziendale, ma non avevo ancora idea di quanto potesse essere feroce e senz'anima, di una cattiveria pura, semplice. Senza ragione se non quella di esercitare la forza e l'aggressività.

Ora so bene, ora ho sperimentato sulla mia pelle il mobbing, il bossing, la cattiva gestione delle risorse umane, il terrorismo e la propaganda, la mancanza d'anima del management.


Questo è un mondo del lavoro che premia la spregiudicatezza, che premia il sacrificio in nome dell'azienda, che premia l'aggressività e l'uso della forza.

Sei debole se hai dei sentimenti, se hai degli interessi fuori da quel mondo.
La mia manager era un esempio di sacrificio e follia. Proprio come la madre sacrificale di Winnicott, che ricorda costantemente ai figli quanto lei ha sacrificato per te (e tu quindi ora devi ripagare e non sarai mai all'altezza del compito). 

Umiliazione dei subalterni, continuo esercizio della forza, mai un sorriso, pause pranzo a sgranocchiare carote direttamente dal sacchetto davanti al monitor, continuo ricordare quanto dedicava all'azienda da mattina a sera. Una persona orribile. 
Al di là del malessere continuo che provocava in quelli che lavoravano per lei, ci terrorizzava l'idea di diventare come lei, era la prova vivente di una vita indesiderabile, una prova fisica, eloquentissima, con i segni sul corpo, nello sguardo ormai sclerato e spento, ricoperto da un sapiente uso della matita certo, ma la luce negli occhi non la puoi certo truccare se non ce l'hai più.
Giustificava il suo continuo umiliare i subalterni con il concetto di 'fortificare'. 'Ti fortifichi'. Sì, lei sfogava la sua frustrazione sugli altri, non sapeva dirigere senza comandare e incazzarsi, non sapeva farsi rispettare se non attraverso il terrore, e credeva pure di fortificarti. Ha ottenuto solo frustrazione, persone che obbediscono per paura, che più dell'indispensabile per sopravvivere non daranno, che sanno che comunque qualsiasi cosa faranno, anche col massimo impegno, saranno sempre umiliati comunque e non sarà mai abbastanza.
Tutti le obbedivano e la odiavano e la deridevano, ma soprattutto a causa sua e di altri come lei, di quelli che permettevano anche a lei di potersi comportare così, erano infelici e trasudavano infelicità. 

Vivevo nell'infelicità costante, non solo mia, perchè inizialmente riuscivo a sopravvivere alla grande, mantenendo la lucidità, mantenendo quello sguardo cinico e un po' distaccato. Sapevo come sostenermi senza essere divorata, e senza diventare soprattutto io una stronza.
L'infelicità però era soprattutto intorno a me, e io la assorbivo. Tutti intorno a me erano piegati, frustrati, insoddisfatti e incattiviti. Nemmeno si relazionavano con quelli che stavano nell'ufficio a fianco. 

Per me c'era un evidente necessità di supporto psicologico.
Sarebbe stato utilissimo una specie di sportello psicologico in azienda. 
Ho visto persone sull'orlo di una crisi di nervi, soprattutto i più bulli.
Il pericolo è proprio quello, che più sei bullizzato, più diventi bullo a tua volta, ed è contagioso, come contagiosa è la negatività che si respira, la tristezza, la rabbia, e questo non aiuta a produrre meglio e di più, assolutamente.  

Quanta sofferenza inutile... cercando di mitigarla comprando cose, inseguendo cose che non sarebbero mai servite...perchè niente all'esterno può darti una felicità se c'è chi ti succhia la vita comunque e sempre.

Un'azienda che continua a ricordarti costantemente che siamo in corsa per raggiungere un profitto, che non siamo mai abbastanza, che c'è solo una scelta: vivere per lei, oppure uscire da quella porta. 
Ma del resto spingerti verso quella porta, soprattutto se sei madre, è parte del gioco.




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