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Il mito dell'impiegato a tempo indeterminato

Oggi ho avuto un'altra idea. Perché non tentare a lavorare nel personale delle scuole?
Why not?
Lo so che è un lavoro di fatica, ma io non sto cercando un lavoro dove non si faccia niente, dove non si fatichi.
Sto cercando un lavoro dignitoso, dove mi possa sentire anche utile e realizzata, oltre che un lavoro che mi permetta di gestire anche la famiglia come desidero, come orari e carico di stress.
Sto andando alla ricerca senza la spocchia da laureata-che-lavora-in-una-grande-compagnia.
Quest'etichetta mi soffoca. Sto cercando con grande umiltà e desiderio di imparare e curiosità. 
Voglio un lavoro anche umile, ma che sia più adatto a me.
E qui intervengono i genitori, in generale, non solo i miei.
Tutta quella generazione di lavoratori, per cui il diploma era il livello massimo e chi ce l'aveva poteva ambire talvolta al fantastico lavoro d'ufficio. 
C'era il mito dell'impiegato (magari statale) con l'impiego sicuro, per sempre, seduto davanti ad una scrivania. Il mito della stabilità. 
Non sto dicendo che non sia male, anzi. Non si lavora bene quando non si sa se domani avrai ancora un impiego. 
Sarebbe bello vivere con una flessibilità tale per cui se io a un certo punto mi trovo in un vicolo cieco, sento di dover cambiare per procedere nella mia esperienza personale, posso cambiare e trovare ovunque un altro lavoro. 
Una flessibilità positiva, che significhi semplicemente poter cambiare, potersi evolvere, e che è ben diversa dalla precarietà.

Ai tempi in cui ero bambina molte madri nemmeno lavoravano, molte donne erano casalinghe o facevano lavori molto umili e occasionali o stagionali. Sono cresciuti e ci hanno cresciuti col mito dell'impiego fisso e possibilmente ad una scrivania. 
Una scrivania che sta diventando sempre più kafkiana e soffocante. 

Sono stati loro a inculcare in me e in tutta una generazione l'idea che si dovesse studiare di più, e quindi laurea, per fare l'impiegato, e che contasse un'azienda bella, grande, col tesserino, con il completo e la valigetta, con i benefits, con la copertura sanitaria. 

Non ci sto sputando sopra, però è un mito loro, di persone che non facevano quel lavoro e credevano che fosse il massimo. Ed è davvero figo all'apparenza.
Ma purtroppo non è il massimo neanche questo lavoro, perché dipende da una miriade di fattori.

Dipende da che azienda trovi, perché puoi finire in un'azienda dalla mentalità retrograda e provinciale come la mia, dove hai paura anche a partecipare ad un'assemblea sindacale. 
 Puoi non essere tagliato per stare seduto otto ore davanti ad un pc per tutta la vita, e non è una tragedia, siamo tutti diversi, e udite udite: durante la vita lavorativa che è di circa 40 anni ormai, si cambia anche.
E sarebbe grave se non si cambiasse!! Anche se l'Italia non ha ancora capito che cambiare è un bene e ti guardano storto se decidi di cambiare ufficio, o mansioni, o settore, o completamente lavoro. Se ti dimetti per cambiare totalmente lavoro, sei pazzo, un incosciente. Però sotto sotto un po' di invidia c'è...

Chi come me cambia spesso ufficio, volente o nolente, ha qualcosa che non va. Deve essere un incapace. Il mio ultimo capo me lo ha detto chiaramente: cambi sempre ufficio perché non sei brava.

I tempi sono cambiati. Al di là del mio specifico problema - la perdita del part time, l'avvento del regno di Mordor in azienda e la grande CRISI ESISTENZIALE che mi percuote - è normale per la nostra generazione di lavoratori, ad un certo punto, ogni tot anni, sentirsi stanchi e desiderosi di cambiare. 
E ci piacerebbe sperimentare lavori molto diversi , talvolta lavori che gli altri ritengono più umili o 'inferiori', e che invece meritano rispetto e attenzione.
E io quindi oggi sogno cose come : falegname, panettiere, o lavorare presso una toelettatura, o una caffetteria, o dare ripetizioni, fare l'insegnante, o impieghi vari nelle scuole. Sogno di mescolarmi alla gente che non ha quella spocchia da io-lavoro-nella-grande-azienda-e-ho-la-borsa-firmata. Sogno di stare con i bambini, o di dare il pane alle vecchiette, di servire i caffè di corsa ma di chiacchierare anche con le persone. 

Chi di voi fa questo mestiere mi dirà 'ah ma tu non sai'. Ed è vero, IO NON SO. 
E sicuramente ci saranno mille motivi per lamentarsi anche di quei lavori.
Ma nessuno può dirlo finché non prova, ed io vorrei provare a cambiare, vorrei qualcuno che mi insegnasse a fare il pane, a lavorare il legno, e che mi desse l'opportunità di ricominciare. 

L'idea di condurre un'esistenza come Fantozzi, non alletta più. 

Il mito dell'impiegato a tempo indeterminato....



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